Dovevo pur dimostrare al mondo intero e a me stessa soprattutto che Caio non sono.
Ho sfidato gli eventi atmosferici, ho attraversato a tentoni le risaie del pavese ricoperte da una spessa coltre di nebbia, ho affrontato le curve bagnate della Milano-Serravalle sprezzante del pericolo aquaplaning - che ero convinta si scrivesse acquaplanning e invece wikipedia mi ha detto di no – sono passata davanti a una focacceria e fingendo indifferenza ho tirato dritto, sono salita sul Comet 45 S di Aldo, il comitato di regata ha detto no c’e’ troppo vento, troppo mare, troppo tutto, e io ad aggirarmi sul molo con il mio giubbino salvagente zhik per dimostrare che caio non sono ma sono derivista, derivista vera, prestata al barcu’ ma solo perche’ l’e’ un gran barcu’, ma io non solo sono gardesana della sponda bresciana sono pure snipara e questo vorrà pur dire qualcosa.
La barca comitato si intruppa nella trappa, viene chiamato un sub professionista per scendere a struppare la trappa. Il sub arriva su un fiorino, gia’ vestito per l’operazione, infila solo le pinne e si tuffa. E qui il caio che e’ in me esce, e mi metto li’ a guardare, insieme a Nicola, compagno di equipaggio padovano addetto al ruolo di cavatappi. E stiamo li’ a dire un po’ piu’ a destra un po’ piu’ a sinistra, tira, molla, proprio come i pensionati che guardano i lavori in corso.
E una volta struppata la trappa si esce, sfidando i marosi alti 9 metri e i venti a 150 nodi. Usciamo in retromarcia che il mio equipaggio vuole dimostrare a tutti di che pasta siamo fatti.
E mentre usciamo in retromarcia il Gioz mi dice, tu sei alle drizze, contenta vero? E io ma certo tesoro non vedi che sono felicissima all’idea di tirare 20 metri di drizza gennaker con 150 nodi d’aria, non vedi come sono contenta?
Michele, che ho visto con i miei occhi mangiare 5 primi e un coniglio intero e che sono sicura che con questi marosi tirera’ su tutto, mi indica le manovre alle tastiere, non mi ricordo niente. So che cazzero’ la blu invece della rossa o la verde invece della bianca ma proprio non ricordo niente. Mi indicano la mura del gennaker. È appoggiata su un buffo rotellino mai visto in vita mia.
E qui esce dalla mia bocca la frase per cui ho perso tutta la credibilita’ che mi ero costruita in tutta una mattinata di passeggiate sul molo con giubbino Zhik e atteggiamento da derivista neozelandese indifferente ai marosi e alle raffiche a 200 nodi:
“MA QUESTO E’ IL WINCH?”
e mentre sento l'eco della mia domanda rimbombare in tutto il golfo del Tigullio, la gia’ fredda aria novembrina si congela, i ghiacci antartici ricoprono la coperta del Voscia’, vedo la faccia del tailer Marco paralizzata come dopo un’iniezione di botulino.
“no è un deviatore*, il winch e’ questo”.
Ecco, tutta la messinscena è finita, ora sanno chi sono veramente.
Fa niente, con la faccia come la tolla, mi metto in falchetta con i piedi a spenzoloni nel vuoto che con la sola randa terzarolata siamo sbandati che sto a 5 metri dall’acqua ed era inutile mettermi gli stivali. E poi il maroso supermaroso ci colpisce e i miei stivali hanno il loro perche’, ma stavolta sono la quarta da prua quindi la doccia la faccio poco. E si vira e si rivira e ci si avvicina alla linea di partenza e si poggia e si torna in giu’ e mi volto e che stiamo a fare?
Si torna in porto.
Ma vaaaaaa non prendermi in giro. Mi prendi in giro?
No.
Ma si.
Ma no dai.
E torniamo in porto.
Ci ritiriamo prima di venire sommersi dal maroso del secolo e prima di rompere qualcosa.
Nel rientro in porto ci sono delle botte di vento belle toste e a prua ci guardiamo e diciamo saranno 30, e dalla poppa dicono 25 ma a noi sembrano 30.
Aldo fa un ormeggio da maestro in derapata con tirata di freno a mano.
Tutto e’ bene quel che finisce bene.
Il Voscia’ e’ sano e salvo.
Michele non ha tirato su la cena.
Io non ho dovuto issare il gennaker.
Nicola stappa una bottiglia di vino e da’ un senso alla giornata.
Gioz mi ricarica in macchina e ci dirigiamo verso casa. All’altezza di Ronco Scrivia confessa: al rientro in porto l’anemometro segnava 30 nodi.
Pedro, se Gioz ha confessato 30 allora erano 35.
nella foto il Voscia' senza marosi, in condizioni di piattume totale, infatti io non c'ero: io esco solo coi marosi e 35 nodi d'aria.
* credo abbia detto deviatore, un secondo esatto dopo avere posto la domanda tutto il sangue mi è confluito nelle guance e non ce n’era piu’ per il cervello
Tuesday, December 1, 2009
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5 comments:
il deviatore è quel rotellino che si vede in parte al winch?
esatto, quel miniwinch li'
Stiamo invecchiando.
Tu dalle derive passi ai cassoni.
Io sono già al passo successivo,
dai cassoni al Dinghy, a giocare come i bambini. Che tristezza.
(Bugia>, mi diverto un sacco.)
Fabio.
oddio muoio dal ridere anche se non ho capito niente di tutti sti paroloni tecnici....
e mi immagino la faccia del Gioz!
:D
Ri
bellissimo racconto, molto divertente
...io faccio le stesse figure :-) è incredibile come ogni volta a bordo con degli sconosciuti riesco a dire una qualche eresia hihihihi.
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